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giovedì, marzo 23, 2006

Quando pensavamo di aver trovato tutte le risposte,ci hanno cambiato le domande.

Ormai la trasmisione L'infedele sta diventando fonte di riflessioni fuori dal coro. L'altra sera abbiamo sentito Lerner,dopo un lungo articolo sulle pagine de La Repubblica, affrontare con ospiti del calibro di P.Ichino e,fra gli altri,due protagonisti degli studenti parigini e euno studio pieno di giovani lavoratori precari italiani, il tema della flessibilità. Il tutto a partire dall'ultimo saggio di Richard Sennett sull'"uomo flessibile".
"Il saggio The corrosion of character di Richard Sennett si inserisce in questo filone di aspra critica della nuova società.
Nelle aziende, il reenginering e il downsizing hanno costretto migliaia di persone, anche con qualifiche elevate, al licenziamento, ma, fatto ancora più grave, hanno minato nell'individuo la fiducia in se stesso e nella società.
Un tempo esisteva una routine lavorativa, che non aveva soltanto deprimenti risvolti negativi. Infondeva sicurezza, determinava fedeltà alla propria azienda e lealtà nei confronti di colleghi e superiori, garantiva una carriera prevedibile, spesso in base alla sola anzianità, consentiva progetti a lungo termine. Permetteva di arrivare e in qualche modo di godersi la vita.
I lavoratori di oggi sono sempre in cammino, costretti ad inseguire i repentini e imprevedibili mutamenti economici, impossibilitati a reggere il ritmo degli incalzanti cambiamenti, angosciati dal futuro e dalla paura di non farcela, senza tempo da dedicare ai figli, senza modelli stabili da trasmettere, senza la possibilità di elaborare una narrazione, personale e lavorativa, che abbia uno sviluppo coerente e consenta loro di costruirsi un'identità passabilmente stabile.
Ad ogni cambio di lavoro, si riparte drammaticamente da zero. Superati i cinquant'anni, ma sovente anche prima, si è irrimediabilmente bruciati, esclusi da pregiudizi infondati ma tenacissimi.
Sennett descrive il vero volto del capitalismo americano, ma ammette che lo stesso cosiddetto capitalismo "renano" lo sta ormai imitando nell'inseguire un liberismo negatore del fattore umano.
L'economia, da mezzo si è tramutata in fine, ma i cambiamenti, il senso della loro presunta razionalità, sfuggono agli stessi protagonisti, i grandi magnati della terra, sempre più simili a giocatori d'azzardo.
Sennett, nella sua requisitoria arricchita da citazioni classiche, si spinge persino a criticare quelle aziende che affidano la loro immagine al lavoro di gruppo, al gioco di squadra, alla debole struttura a rete, anziché alla gerarchia piramidale.
Vede in queste proposte e rappresentazioni superficialità , mistificazione, indifferenza, deresponsabilizzazione.
È un libro, quello di Sennett, angosciante e quasi disperato, ma che fa riflettere. Se però la parte critica è accettabile, sono le alternative che non convincono. La strisciante nostalgia per la grigia routine burocratica e gerarchica, di cui si tacciono soprusi e umiliazioni, il plauso seppure sfumato da distinguo per l'immobilismo di qualche decennio fa, che affiorano in qualche parte del libro, l'elogio della dipendenza come base per lo sviluppo di soddisfacenti rapporti umani, non convincono del tutto il lettore.
Se il capitalismo odierno è disumano, lo è a mio avviso altrettanto la rigida burocratizzazione di ieri".

30 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Sono d'accordo con te . E sopratutto mi rendo ancora di più conto che l'analisi marxiana della società industriale e post industriale è ancora valida e vitale.
Sennett , ritengo, sia di estrazione "liberal" eppure ha avuto accenti che "cachemire" Bertinotti si sogna.
Non dimenticare che il pacchetto Treu è stato emanato durante gli anni della sinistra al potere.Non oso immaginare cosa possano ancora chiedere ancora gi industriali.
Ho ascoltato alle Jene su Italia 1 ad alcune dichiarazioni di Marina Salomon ( abbigliamento sportivo nonchè brutta fuori e pessima dentro)sul lavoro giovanile : era da prendere a calci .
Ciao
Beau

giovedì, marzo 23, 2006  
Anonymous Anonimo said...

diciamo che forse,sottolineo FORSE, la sinistra (?) sta finalmente mettendo in discussione questo tabù della flessibilità e della precarietà....

venerdì, marzo 24, 2006  
Anonymous Anonimo said...

il problema è che per venti anni ci hanno inondati di pamphlet e articoli di fondo per spiegarci che flessibile è bello,che la flesibilità è il futuro.non sarà facile uscirna.
ps.ciao clark,sei grande!

venerdì, marzo 24, 2006  
Anonymous Anonimo said...

eeeeh..caro clark,hai messo il dito nella piaga. non ti dice niente il fatto che lascino pochi commenti?
il titolo del tuo post è proprio azzeccato: non abbiamo risposte!

venerdì, marzo 24, 2006  
Anonymous Anonimo said...

per Paola Frattasi:)
beh...effettivamente...su 187 contatti da quando ho pubblicato il post,5 commenti sono un pò pochini e forse hai ragione tu.

venerdì, marzo 24, 2006  
Blogger Pietro Spina said...

alcune osservazioni in ordine sparso (con poco tempo, ma l'argomento mi attira troppo):
- i giuristi del lavoro sanno (e deunque Treu e Ichino sanno bene) che purtroppo (per i lavoratori) o per fortuna (dei padroni) le leggi sul lavoro incidono sulla realtà del mercato del lavoro e dei luogih di lavoro molto meno di quanto si possa pensare. chiamatela sconfitta della politica, chiamatela prevalenza della struttura sulla sovrastruttura, ma è così: i co.co.co. ci sono da prima che i timidi interventi in materia neglianni 90 li sottoponessero a parziale contribuzione e tassazione e ci saranno anche se si abrograsse l'intera legge biagi.
- sul punto dei co.co.pro. la legge biagi è meglio della situzione che c'era prima,poichè collega il lavoro parasubordinato all'esistenza del progetto e quindi permette un minimo di controllo, anche da parte degli ispettorati del lavoro (preciso che sono contrario alla legge biagi nel suo complesso sin dall'inizio e non intendo difendere nè maroni nè bertinotti). (sia detto a onor del vero: con il ministero maroni sono stati assunti 800 nuovi ispettori del lavoro, una vera infornata!).
- secondo me la legge dovrebbe occuparsi di eliminare quella flessibilità che si propone di risparmiare sul costo del lavoro non già riducendo le ore non lavorate a carico dell'impresa (il che potrebbe essere comprensibile)ma aumentando la produttività del singolo tramite la sua nn sindacalizzazione e altre forme di ricatto, approfitando della sua maggiore debolezza contrattuale (es. se non fai le ore in più non pagate come straordinario non ti rinnovo il contratto; se fai casino con il sindacato per la sicurezza sul luogo di lavoro non ti rinnoviamo il contratto e lo diciamo anche alle altre ditte che non te lo devono rinnovare).
-per ora basta così, ma tornerò...
:)

venerdì, marzo 24, 2006  
Anonymous Anonimo said...

per pietro spina..
è sicuramente da approfondire ..ma la questione è più di fondo.ci tornerò anch'io

venerdì, marzo 24, 2006  
Anonymous Anonimo said...

guagliou' mi avete incuriosito. oggi mi sono comprato il libbro segnalato da clark!

venerdì, marzo 24, 2006  
Blogger Pasquale Orlando said...

è sbagliato pensare che nel mercato del lavoro ci sia stata nel passato una qualche età dell'oro.
Bisogna però conquistare una flessibilità sostenibile per reddito e garanzie.
Cari saluti
pasquale orlando

sabato, marzo 25, 2006  
Anonymous Anonimo said...

Quante ipocrisie sulla flessibilità/precarietà del lavoro!!
1) iniziamo a dire che il principale problema non è nelle leggi sul lavoro (belle o brutte che siano) ma nella disastrosa situazione economica del paese;
2) è con la legge Treu votata anche da Rifondazione che sono stati introdotti i principali strumenti di flessibilità "in entrata", la legge Biagi ha inserito forme contrattuali che ad oggi pochissime imprese utilizzano (ad esempio: i lavoratori in staff leasing non sono più di 1.500 in Italia). Le proposte di cambiamento inserite nel programma dell'Ulivo sono a dir poco ridicole!;
3) molte imprese utilizzano questi strumenti per assumere a tempo indeterminato (il 33% degli interinali sono assunti dopo la missione);
4) spesso i contratti flessibili rispondono ad una esigenza del lavoratore piuttosto che dell'imprenditore (es. part time e lavoro condiviso);
5) troppo spesso gli strali polemici si concentrano su forme (es. interinale) che in ogni caso garantiscono al lavoratore alcuni diritti di base (formazione, parità di trattamento retributivo, malattia) piuttosto che su altre (es. appalto di manodopera e cooperative di lavoro) che invece sono spesso modalità di sfruttamento dei lavoratori (in molti casi dietro le cooperative ci sono alcune sigle sindacali);
6) il buon Pietro Spina giustamente sottolinea che il problema diventa forte quando l'impresa è messe nelle condizioni di utilizzare personale a tempo determinato ed al tempo stesso risparmiare sul costo del lavoro (questa è quasi una istigazione all'incremento di precarietà!!);
7) la situazione è drammatica per i giovani meno qualificati che con i co.co.pro (che di fatto sono i co.co.co di una volta), i lavori a tempo determinato ripetuti all'infinito non riescono a trovare "stabilità".
Insomma la situazione è più articolata e complessa di quella che ci sentiamo propinare a destra e a sinistra!!

lunedì, marzo 27, 2006  
Blogger Pietro Spina said...

io credo di non condividere l'orientamento politico del commentatore "fuori dal coro", ma ne apprezzo il tentativo di portare la discusione su elementi di fatto e di allargare un po', uscendo dagli schemi retorici da "campagna elettorale" (ma perchè ci lamentiamo tanto e poi anche tra di noi riproduciamo gli stessi schemi? tantum televisione potuit..) e apprezzo anche la sferzata alla sinistra (cui io mi sento di appartenere, a differenza di lui) che dovrebbe preoccuparsi di dire la verità su questi temi più che su altri e invece proprio su questi fa opera di confusione e mistificazione.
non mi riferisco tanto al pacchetto Treu, di cui si è parlato troppo e a sproposito, data la scarsa incidenza pratica di quella legge (scarsamente apprezzata anche dal padronato, perchè inservibile).
miriferisco, per esempio alla normativa sui contratti a tempo determinato che ne consentirebbe l'uso indiscriminato anche in mancanza di oggettive ragioni (per fortuna la giurisprudenza l'ha molto ridimensionata) e che non è contenuta nelle legge Biagi bensì nel dlgs. 368 del 2001 (del settmbre 2001, il governo berlusconi è entrato in carica a giugno). Tale decreto, a mio avviso il più pericoloso strumento normativo di imbarbarimento del mercato del lavoro, è stato approvato in pretesa attuazione di direttiva comunitaria e nessuno, dico NESSUNO, dice mai niente!!!
perché? perchè la sinistra scrive pagine e pagine su "cancellare" o "superare"la legge biagi e fa finta di non sapere questo?

per ora mi devo limitare a questa osservazione. tornerò sulla questione della flessibilità che secondo me dovrebbe essere limitata ad alcuni settori produttivi, ad imprese medio piccole, e non concessa a grandi industrie che la usano in sostituzione del lavoro "ordinario" per realizzare illeciti risparmi sul costo del lavoro attraverso la maggiore "docilità" della manodopera.

lunedì, marzo 27, 2006  
Blogger Pietro Spina said...

Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

lunedì, marzo 27, 2006  
Blogger Pietro Spina said...

citius ex errore quam e confusione veritas oritur

lunedì, marzo 27, 2006  
Anonymous Anonimo said...

Caro Pietro Spina
mi dispiace deluderti ma voteremo per lo stesso schiaramento!
Ciò non toglie che una serie di cose vanno dette!
A proposito di utilizzo di forme di lavoro flessibili ti comunico che molte imprese utilizzano queste forme in modo da non mettere mai a repentaglio la "stabilità" dei lavoratori assunti a tempo indeterminato. La logica è questa: ho bisogno di 100 lavoratori ... ne tengo 80 a tempo inderminato e cerco di motivarli formali incentivarli, ne assumo 20 a tempo determinato con le varie forme possibili (co.co.pro, consulenze, interinale, tempo determinato, ecc.). Se le cose vanno male "mi libero" dei flessibili e non devo licenziare nessuno.... quando il mercato riparte li riprendo. Poi quando qualcuno degli 80 va via o va in pensione scelgo tra i flessibili i migliori e li assumo a tempo indeterminato!
Questo è il giochetto dei bravi DIrettori del Personale!!!
Purtroppo questi giochetti sono noti ai rappresentanti sindacali (dei lavoratori assunti a tempo indeterminato) che in questo giochetto trovano il loro tornaconto. I flessibili sono diventati una assicurazione sulla stabilità del posto di lavoro per i lavoratori assunti a tempo indeterminato!!!
Quanto alla legge sui contratti a tempo determinato sono assolutamente daccordo con te.
A presto

lunedì, marzo 27, 2006  
Blogger Pietro Spina said...

caro fuori dal coro,
felice di sapere che "purtroppo" votiamo per lo stesso schieramento, ti comunico a mia volta che le cose che dici a proposito di giochetti dei direttori del personale e di accordi con i sindacalisti le conosco molto bene anch'io, per motivi professionali. e so che dicila verità su questo come anche sulla questione dell'80% insider e 20% "fluttuante". io credo che proprio lì bisognerebbe intervenire con una legge. sapeno bene che la legge è uno strumento difficle da usare, che a volte ha l'effetto contrario a quello voluto (vedi circolare di Maroni contro l'interpretaione giurisprudenziale del citato 368/2001) a volta non ha alcun effetto o un effetto minimo sulle condizioni reali.
però forse si può scoraggiare una "stabile" incorporazione della precarietà in diversi modi, o per lo meno si può fare in modo che i suoi effetti non ricadano sempre sugli stessi soggetti. si posson oreintrodurre e potenziare ad esempio i diritti di preferenza nella assunzioni a favore degli ez dipendenti a termine (attualmente tali dirittisono molto limitati e di fatto inefficaci).certo molto dipende dal sindacato...
riflettiamoci insieme. se cominciamo a fare chiareza può essere interessante.
ciao

lunedì, marzo 27, 2006  
Blogger Pietro Spina said...

quando ho detto "scoraggiare una stabile incorporazione della precarietà" volevo dire disincentivare la possibilità di tenere con contratti a termine (o altri precari) una percentuale fissa (il famoso 20% cui allude il "fuori dal coro")della forza lavoro complessivamente impiegata per lo svolgimento dell'attività ordinaria dell'impresa.

lunedì, marzo 27, 2006  
Anonymous Anonimo said...

ehiiiiii..ancora co sto posto fisso!???
ma credete ancora alle favole?
tanto se non li fate fare gli imprenditori se ne vanno in Asia o in Africa.....

lunedì, marzo 27, 2006  
Anonymous Anonimo said...

Caro Mandrake
gli imprenditori che gestiscono supermercati, aziende di pulizia, aziende di vigilanza, banche, uffici postali, servizi di trasporto ecc. ecc. non possono andare in Asia ed in Africa e per tante attività industriali e di ricerca è ancora conveniente operare in Europa piuttosto che negli Stati Uniti.
I lavoratori che non vogliono subire il potere contrattuale delle aziende non possono che puntare sulla professionalità e costruirsi autonomamente un percorso di carriera, magari saltando da un'impresa ad un'altra. Ma i lavoratori non qualificati hanno tutto il diritto ad organizzarsi per tutelare i propri interessi.
Lo sapete che a Los Angeles si è tenuta una mega manifestazione di lavoratori precari per la tutela dei loro diritti (una riproposiizone reale del film "bread and roses" il film di Ken Loch).
Altro che "favole" .....
Saluti a tutti.

martedì, marzo 28, 2006  
Anonymous Anonimo said...

caro clark
hai sbagliato post!!
non vedi quanti pochi commenti?
i frequentatori del tuo blog se ne fottono del problema del precariato...sono tutti col posto fisso o vivono coi soldi di papà!!
figurati se si appassionano...riprendi a parlare di "inciuci" che è meglio.

giovedì, marzo 30, 2006  
Blogger Pietro Spina said...

non so se è per il fatto di essere figli di papà o per altro.. però è un fatto obiettivo che quando non si può "buttarla in politica" (che in senso bieco significa recitare la solita formuletta e dare la colpa a qualcuno che identifica il potere)sono ben pochi a prendere la parola. su questo tema poi nessuno ha formule magiche (tranne la rivoluzione proletaria,per chi ci crede) e, una volta data la colpa a Treu o a Maroni o ai cinesi mangiatori-di-bambini-e-di-piccoli-industriali, non rimane molto da fare.
neanche per i giornalisti affeZZionati :)

giovedì, marzo 30, 2006  
Anonymous Anonimo said...

ok... è un mondo difficile...
mica però ci sarà qualcuno così fesso da credere che dipenda da berlusconi o che prodi ci darà il posto fisso?
a proposito... il giornalistà affezionato lo fai con la raccomandazione o con i soldi di papà?

venerdì, marzo 31, 2006  
Anonymous Anonimo said...

guardate...è un dato di fatto però che scrivono bene della flessibiltà spinta. come necessità inderogabile solo giornalisti di grido, imprenditotri, manager, intellettuali e filosofi, professiri e consulenti, politici eletti al parlamentoe o alla regione....tutti,indistintamente, con posto fisso o stipendi alti.
significherà pur qualcosa o no??

lunedì, aprile 03, 2006  
Anonymous Anonimo said...

anna venì e' frances'!!

martedì, aprile 04, 2006  
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